Il piede piatto, annoverato tra i difetti plantari più noti – com’è facilmente intuibile dallo stesso nome – indica una particolare anomalia in cui l’arco plantare è completamente o parzialmente piatto e modifica l’appoggio metatarsale del piede. L’arco plantare, in particolare, appare di dimensioni notevolmente ridotte, generando come conseguenza, un deciso aumento della “superficie d’appoggio della pianta del piede”.
Alla base del difetto, non c’è un’origine univoca. In alcuni casi, infatti, il piede piatto è conseguenza di un arco plantare non sviluppatosi in modo corretto durante la prima infanzia ma, in altri, esso può derivare da traumi di particolare entità, da un aumento di peso e dall’usura dovuta all’invecchiamento. Benché il piede piatto non generi conseguenze particolarmente apprezzabili da punto di vista medico, esso influisce nettamente sulla postura, provocando infiammazioni, anche dolorose, a caviglie, ginocchia, schiena, oltre che a generare una difficoltà sempre maggiore nell’allineare le gambe.
Quanto alla diagnosi di piede piatto, nel caso di un difetto sorto all’atto nella nascita o in un periodo immediatamente successivo, la valutazione può esser fatta intorno ai tre – quattro anni del bambino, soprattutto se in famiglia si annoverano dei casi analoghi. Quanto, invece, al collasso della volta dell’arco plantare, il consiglio di uno specialista ortopedico, risulta indispensabile in tutti quei casi in cui si arrivi a provare dolore. Sarà poi il medico a suggerire esami più specifici, quali radiografie, ecografie, tac e risonanza magnetica. Dopo un’attenta valutazione del piede, attraverso un “esame baropodometrico“, il medico potrà suggerire l’utilizzo di plantari specifici per evitare di compromettere ancora di più la stabilità del piede.